La Torre dell’Elefante è ricca di un fascino particolare dietro la quale si cela una storia cruenta. Nata con scopi difensivi contro gli attacchi genovesi e arabi, a protezione di un’area destinata all’accoglienza delle massime autorità civili e religiose, era una delle porte d’ingresso alla città e, ancora oggi costituisce, assieme alla porta di San Pancrazio, uno dei più suggestivi ingressi all’antico quartiere “Castello”.
In epoca aragonese il lato nord della torre venne chiuso per la realizzazione di abitazioni per funzionari e la costruzione di magazzini. Durante la dominazione spagnola divenne tristemente famosa poiché gli spagnoli usavano praticarvi un macabro rituale: esponevano, dentro grate di ferro, le teste decapitate dei condannati a morte. Un fatto emblematico fu l’esposizione del capo mozzato dell’illustre Marchese di Cea, accusato dell’uccisione del viceré. Rimase esposto per ben 17 anni, efficace ammonimento contro tentativi di rivolta. Nel 1800 infine fu adibita a carcere per detenuti politici e mantenne la sua funzione detentiva fino ai primi del ‘900. Venne restaurata nel 1906 riaprendo il lato murato dagli aragonesi, riacquistando così il suo aspetto originario. Recentemente soggetta a nuovo restauro la Torre è oggi visitabile con accesso al lato destro della chiesa di San Giuseppe.
La struttura
La Torre dell’Elefante è uno dei simboli del quartiere storico di Castello, segno di riconoscimento della città di Cagliari e raggiungibile con una piacevole passeggiata di circa 15 minuti dal porto.

Arrivando nella zona del Bastione di Santa Croce, con il naso all’insù, potrete scorgere la Torre dell’Elefante, dalla quale è possibile, peraltro, godere di una visione incantevole del porto e del golfo di Cagliari: con i suoi circa 30 metri di altezza rappresenta la seconda torre più alta di Cagliari (dopo quella di san Pancrazio) realizzata nel medioevo.
La Torre dell’Elefante costituisce, assieme alla Torre di san Pancrazio (1305), la parte ancora oggi integra delle fortificazioni che i Pisani eressero attorno alla città tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, a protezione dell’area che accoglieva le massime autorità civili e religiose della città.
La struttura, imponente e maestosa, venne edificata nel 1307 sotto la direzione dell’architetto sardo Giovanni Capula come attesta la lapide marmorea in latino posta alla base della torre: “Capula Johannes fuit caput magister numquam suis operibus inventum sinister” “…mai nelle sue opere trovato incapace”.
La torre conserva tutte le caratteristiche dell’architettura militare medioevale. Realizzata con grandi blocchi di calcare bianco provenienti dalle cave di Bonaria, essa si presenta come tipica costruzione pisana, coi tre lati esterni massicci costruiti in calcare bianco di Bonaria mentre il quarto lato, quello interno, aperto, mostra i quattro piani costruiti su soppalchi in legno scuro dai quali si arriva all’apice della torre.

La Torre è adornata da una piccola scultura raffigurante un piccolo elefante che sporge su un ripiano a dieci metri d’altezza e la denominazione “Torre dell’Elefante” viene fatta risalire a questa piccola scultura. L’elefante, simbolo di forza, voleva richiamare l’attenzione sulla solidità della torre o della potenza mineraria di Pisa.
Scritto da Ombretta Fanni
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