Oggi si festeggia Sa Die de Sa Sardigna, un momento di grande orgoglio per tutto il popolo sardo.
Perché si festeggia Sa Die de Sa Sardigna?
Il 28 aprile 1794 i sardi cacciarono il viceré Vincenzo Balbiano e i funzionari sabaudi poiché si rifiutarono di soddisfare le richieste dell’allora Regno di Sardegna e riservare ai sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari – vicino alla sede del viceré – e l’istituzione a Torino di un Ministero per gli affari della Sardegna. Rientrata la rivolta, alcune richieste furono accolte nel 1796.
Le motivazioni che hanno portato alla sommossa del 28 aprile 1794 sono note. Se vuoi approfondire ulteriormente puoi leggere il nostro articolo Quali furono le cause che scatenarono la sommossa dei vespi sardi?
Come scritto nell’articolo precedente, le Cinque Domande avanzate dai sardi si focalizzavano su una maggiore autonomia e un desiderio di decentramento del potere sabaudo. Tuttavia, grazie a recenti studi è emerso che la volontà degli esponenti delle classi dirigenti sarde era quello di stabilire un ruolo paritario tra la Sardegna e il Piemonte. Risalendo alle memorie di alcuni dei protagonisti dei moti rivoluzionari sardi si è scoperto che si parlasse addirittura di “con-stato”. Si sognava quindi una Sardegna con pari dignità e diritti del Piemonte. Queste teorie sono state avanzate dallo scrittore e studioso Luciano Carta nel suo libro “La Sarda Rivoluzione“.
Anche se non attestato dalla storiografia moderna, alcuni studiosi affermano che la data della ribellione sarebbe dovuta essere il 4 maggio.
Giuseppe Manno nella sua opera “Storia Moderna della Sardegna” sostiene che i nobili e i borghesi sardi avessero preparato un vero e proprio piano rivoluzionario. Il piano avrebbe dovuto avere luogo il 4 maggio, giorno del rientro della Sagra di Sant’Efisio e quindi giornata di assembramento delle masse nella città di Cagliari. Secondo Manno, qualcosa andò storto in quanto il Viceré venne a conoscenza dei piani della sommossa e per questo motivo si decise di anticipare la ribellione alla notte tra il 28 e il 29 aprile.
L'avversione della Nazione Sarda contro i Piemontesi, cominciò da più di mezzo secolo, allorché cominciarono a riservare a sé tutti gli impieghi lucrosi, a violare i privilegi antichissimi concessi ai Sardi dai re d'Aragona, a promuovere alle migliori mitre soggetti di loro nazione lasciando ai nazionali solo i vescovadi di Ales, Bosa e Castelsardo, ossia Ampurias. L'arroganza e lo sprezzo con cui i Piemontesi trattavano i Sardi chiamandoli pezzenti, lordi, vigliacchi e altri simili e irritanti epiteti e soprattutto l'usuale intercalare di Sardi molenti, vale a dire asinacci inaspriva giornalmente gli animi e a poco a poco li alienava da questa nazione.

Ciò che è certo è che il 28 aprile del 1794 un gruppo di soldati si recò verso il Quartiere Stampace di Cagliari per arrestare l’avvocato Vicenzo Cabras con l’accusa di sedizione contro lo Stato. Per errore fu arrestato anche Bernardo Pintor, scambiato per il fratello Efisio.

Mentre Cabras e Pintor venivano portati verso Castello, questi incitarono il popolo alla ribellione che risposero cercando di sfondare le porte di Castello, altri diedero fuoco alle porte di Sant’Agostino. Riuscirono a disarmare i soldati e mentre le campane dei quartieri di Stampace, Marina e Villanova continuavano a suonare altri popolani, incoraggiati, si unirono alla sommossa.

Altri popolani riuscirono ad occupare la Torre dell’Elefante e la Torre del Leone con l’intenzione di arrestare il viceré Vincenzo Balbiano.
A questo punto i soldati piemontesi si arresero e si nascosero dentro il Palazzo Regio.

Alla ricerca del viceré, i rivoltosi riuscirono ad entrare a Palazzo ma non lo trovarono. Riuscirono però a catturare lui e le massime autorità piemontesi nel Palazzo Arcivescovile.

Il 7 maggio 1794, la popolazione inferocita allontanò dalla città tutti i 514 funzionari piemontesi, compreso il viceré Balbiano. Incoraggiati dalle vicende cagliaritane anche le popolazioni di Sassari e Alghero seguirono le azioni di sommossa riuscendo a coinvolgere tutta la popolazione dell’entroterra.
Non tutti sanno che la Sardegna diventò il primo paese europeo a promuovere una propria rivoluzione seguendo l’esempio francese.
Mentre a Parigi si ghigliottinava Robespierre e il governo repubblicano prendeva una piega più moderata, la Sardegna era in piena rivoluzione. Primo paese europeo a seguire l'esempio della Francia, peraltro dopo averne respinto le avance militari. La rivoluzione in Sardegna, insomma, non era un fenomeno d'importazione. [...] Le rivoluzioni altrove furono suscitate dall'arrivo delle armi francesi e da esse protette. È un tratto peculiare, quasi sempre trascurato, della nostra stagione rivoluzionaria.
La verità è che i sardi erano stanchi dei soprusi che dovettero sopportare prima con la dominazione spagnola e poi quella Sabauda, i quali si rivelarono ancor più usurpatori.
La mancata accettazione delle cinque domande o l’umiliazione subita per il modo in cui fu comunicato e per non aver considerato gli Stamenti furono le ultime motivazioni di una lunga lista.
In realtà, il malcontento dei sardi fu dovuto anche ad altri fattori economici. Oltre ad una svalutazione della carta-moneta, c’era anche un grave problema di corruzione tra i funzionari Piemontesi. Ad esempio, esistevano alte tasse di esportazione dei beni dalla Sardegna ma queste potevano essere facilmente aggirate dai commercianti se riuscivano ad entrare in contatto con i funzionari piemontesi. Si pensava che anche il viceré sostenesse queste forme di clientelismo. Inoltre, la gestione amministrativa dell’isola era inappropriata e recava danni e svantaggi alla popolazione sarda.

L'avversione contro i Piemontesi non era ormai una questione di impieghi, come già durante l'ultimo periodo della signoria spagnola e come hanno fatto credere i dispacci del viceré Balbiano e la richiesta degli stamenti. I sardi volevano liberarsene non solo perché essi simboleggiavano un dominio anacronistico, avverso all'autonomia e contrario allo stesso progresso dell'Isola ma pure e forse soprattutto, per esserne ormai insopportabile l'alterigia e la sprezzante invadenza.
I sardi volevano a tutti i costi sbarazzarsi della dominazione sabauda e delle piccole sommosse erano già scoppiate in passato, ad esempio nel 1780 a Sassari.
La storia ci racconta che i moti antifeudali durarono per i successivi due anni, guidati dal magistrato del Regno di Sardegna Giovanni Maria Angioy. Successivamente furono repressi e la Sardegna rimase sotto la giurisdizione Sabauda.
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Gary
Hi Gary, thank you for your comment. I answered you by email. Soon I’m going to put the website in multilingual mode. Continue to follow us, soon the site and posts will also be in English. See you soon, Eleonora