Sa Die De Sa Sardigna è una giornata di festività istituita dal Consiglio regionale della Sardegna con la Legge Regionale 14 settembre 1993, n. 44, nominata Giornata del popolo sardo.
Una giornata in cui i sardi presero coscienza e decisero di insorgere contro chi stava al potere per far valere i propri diritti. Il motivo che scaturì l’ira della popolazione fu quando il viceré e i funzionari sabaudi si rifiutarono di soddisfare alcune richieste avanzate dalla popolazione.
Fu in quel momento che i sardi, il 28 aprile 1794, cacciarono il viceré Vincenzo Balbiano e i funzionari sabaudi dall’isola.
Tuttavia, questo senso di insoddisfazione e di rivendicazione iniziò un anno prima, quando i francesi tentarono di conquistare l’isola con il piano chiamato La Spedizione Francese in Sardegna.

Nel gennaio del 1793 i francesi riuscirono ad invadere facilmente l’Isola di San Pietro e successivamente venne occupata anche l’isola di Sant’Antioco.
La Sardegna, dopo secoli di dominazione spagnola, era passata a Casa Savoia nel 1720 ma nonostante ciò il Governo Sabaudo e i Savoia non sembravano interessati a difendere la Sardegna dall’invasione francese.
Per questo motivo, i francesi erano certi che per trattare la resa di Cagliari senza combattere. A questo proposito, inviarono una delegazione con le condizioni di resa ma questa fu immediatamente respinta.

In risposta, i francesi iniziano a bombardare la città di Cagliari. Lasciando dei segni indelebili e affaticando la città.
Dopodiché i francesi decisero di prepararsi allo sbarco che avvenne in prossimità della località di Quartu Sant’Elena chiamata Margine Rosso.
I sardi presero da subito coraggio e riuscirono a istituire un esercito volontario grazie al quale – e al fatto che i francesi non conoscevano il territorio – riuscirono a resistere all’attacco nemico. Il 14 febbraio 1794 le truppe francesi si imbarcarono nelle proprie navi e abbandonarono l’idea di conquistare Cagliari.
Anche il tentativo di conquistare il nord Sardegna da parte di Napoleone Bonaparte fallì miseramente poiché le truppe francesi furono respinte.


Per premiare i sudditi che riuscirono a respingere le forze nemiche, re Vittorio Amedeo III di Savoia decise di concedere delle ricompense.
Tuttavia, i volontari che avevano combattuto per la difesa della Sardegna non ricevettero i compensi sperati ma, al contrario, vennero favoriti i piemontesi.
I sardi si sarebbero dovuti accontentare di:
- 24 doti da 60 scudi da distribuire ogni anno alle zitelle povere;
- La fondazione di 4 posti gratuiti per il Collegio dei Nobili di Cagliari;
- La concessione di 2 posti del Collegio dei Nobili di Torino;
- La concessione di 1000 scudi all’anno per l’Ospedale civile di Cagliari;
- L’ amnistia per tutti i crimini commessi prima della guerra.
In questo clima di rivendicazione, le classi dirigenti sarde auto-convocarono gli Stamenti per avanzare le proprie richieste al governo piemontese. Gli Stamenti erano tre ed erano organi di rappresentanza del Regno di Sardegna:
- Lo Stamento militare composto dai cavalieri, nobili e feudatari;
- Lo Stamento ecclesiastico composto da tutti gli ecclesiastici di alto rango;
- Lo Stamenti reale o civile composto dai rappresentanti (detti anche sindaci) delle sette città regie: Alghero, Bosa, Cagliari, Castelsardo (al tempo Castellaragonese), Iglesias, Oristano e Sassari.
Gli Stamenti decisero di inviare cinque domande direttamente al sovrano, scavalcando di fatto il viceré. Affinché il re ascoltasse le richieste dei sardi fu formata una delegazione composta dai rappresentanti di ciascun Stamento. La delegazione lasciò la Sardegna il 17 agosto 1793 alla volta di Torino.
Le cinque domande comprendevano:
- Convocazione delle corti generali per trattare sopra tutti gli oggetti di pubblico bene.
- La conferma di tutte le leggi, consuetudini e privilegi del Regno di Sardegna.
- La privativa degli impieghi per i sardi (salvo per le cariche istituzionali più alte).
- L’istituzione di un Consiglio di Stato che doveva essere consultato in tutti gli affari che prima dipendevano dall’arbitrio di un solo segretario.
- Un ministro distinto in Torino per gli Affari della Sardegna.
I delegati arrivarono a Torino i primi di settembre ma non furono ricevuti e rimasero in Piemonte in attesa che il re prendesse una decisione.
In questo periodo di attesa, il viceré Vincenzo Balbiano consigliò al sovrano di rifiutare le richieste dei sardi, cercò di corrompere i membri della delegazione e fece in modo che a Cagliari cessassero le riunioni degli Stamenti.
Su queste basi e sul fatto che il governo sabaudo non voleva concedere nessuna forma di decentramento politico o amministrativo, Vittorio Amedeo III rifiutò di acconsentire alle richieste.
A far crescere il malcontento fu anche il modo in cui venne comunicato. Infatti, la delegazione inviata dagli Stamenti non fu mai convocata dal re e la notizia venne comunicata ai sardi dal viceré che si recò in Sardegna senza interpellare i rappresentanti degli Stamenti.
Questo atto confermò che il governo sabaudo non riconosceva alcuna legittimità alle istanze di autonomia e autogoverno delle classi dirigenti sarde.
In questo contesto, non è difficile immaginare quali furono le motivazioni che spinsero i nobili e la borghesia sarda a creare un movimento di ribellione verso i piemontesi. Si arrivò presto al 28 aprile 1794, giornata nota anche come sa die de s’aciappa ossia “il giorno della cattura”.
Leave a Reply