Conoscete la favola che narra la nascita dei nuraghi?
Il Nuraghe è un tipo di costruzione in pietra di forma tronco conica presente su tutto il territorio della Sardegna. Rappresentativi della civiltà nuragica sono unici nel loro genere. Ecco perché abbiamo deciso di raccontare la favola che narra la nascita del nuraghe: una storia che ricorda il vero animo dei sardi e tutto ciò che rappresenta la nostra cultura.
L’avventura di Dedalo
Il personaggio di questa favola è Dedalo, il leggendario costruttore del Labirinto. Il celebre architetto, essendo stato imprigionato a Creta dal re Minosse, come tutti sanno, era riuscito a fuggire insieme a suo figlio Icaro con l’invenzione delle ali.
Durante il primo tratto di quel viaggio il sole gli aveva però folgorato il figlio e perciò il navigatore celeste volava adesso solitario e col cuore grave. Al tramonto l’affanno e la stanchezza lo costrinsero ad una sosta.
Poiché, alle soglie marine, era apparsa un’isola che disegnava sull’acqua, coi suoi confini, l’impronta di un piede, Dedalo decise di fermarsi qui. Egli d’altronde aveva capito che questa era la Sardegna, o meglio Ichnusa, come la chiamavano gli Achei, e ricordò che i marinai cretesi lodavano sempre l’ospitalità dei suoi abitanti.
L’arrivo sull’Isola
Planando leggermente su una radura circondata di elci e di sugheri, si posò sull’isola e, dopo aver nascosto nel cavo di un albero le sue ali di cera, si inoltrò nella selva. Subito, non appena lo scorsero, i pastori degli ovili più vicini gli vennero incontro e, vedendo che era uno straniero bisgonoso d’aiuto, gli fecero festa. Spartirono con lui le carni dei teneri agnelli, il pane e il vino della loro rustica mensa e gli offrirono un giaciglio per la notte nella loro pinneta (capanna) di frasche.
Il mattino successivo poi, quando l’esule si fu levato, ognuno di quei pastori, secondo una legge che ancora resiste in Sardegna e si chiama ponidura, gli offerse una pecora, perché potesse costruirsi un gregge. Così il grande artefice, divenuto pastore, trascorse un anno intero tra i pascoli dell’isola e tra quella gente semplice ed ospitale. Ma allo scoccare di quell’anno egli decise di ripartire. Prima di allontanarsi da Ichnusa egli volle raccogliere intorno a sé quei pastori che amava come fratelli e disse loro parole di gratitudine e di speranza.
Poi li condusse tutti in un luogo raccolto, su un breve spiazzo difeso da una foresta intricata, dove segretamente aveva lavorato in quei mesi a preparare un dono prezioso per i sardi.
La sorpresa…
Nella radura, infatti, quei mandriani scorsero con sorpresa una torre solenne di pietra: un edificio nuovo, mai visto fino a quel giorno, che Dedalo aveva creato sovrapponendo pazientemente e con fatica pietra su pietra, senza legarle insieme con la calce, ma calcolando abilmente il peso di quei massi e la loro inclinazione, così da ricavare all’interno sale spaziose, volte audaci, ampi cortili.
Ecco – disse l’artefice a quegli uomini stupiti – per voi ho inventato il nuraghe: ho saldato insieme senza calce e senza malta una trama di sasso, per donarvi una casa e una fortezza, che vi difenda e vi protegga, e per molti secoli vi preservi con la sua forza da ogni assalto maligno.
Detto questo, Dedalo vestì le sue ali di cera e, spiccato il volo, dileguò rapido nell’aria tersa.
I sardi così appresero a edificare il nuraghe e moltiplicandolo per mille esemplari lo diffusero in tutta l’isola, dai monti alle riviere. Da quei baluardi di sasso, come aveva predetto Dedalo, essi poterono difendere per molti secoli la propria terra, le loro leggi oneste, i loro costumi, la loro civiltà.
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